Archivi autore: Giuseppe Landolfi Petrone

La geografia fisica di Kant

La geografia fisica di Kant si concentra sull’analisi e la descrizione delle caratteristiche naturali della Terra, inclusi i suoi fenomeni climatici, le formazioni geologiche e la distribuzione delle acque.

Kant insegnò geografia fisica all’Università di Königsberg fin dal 1755 e pubblicò diversi scritti sull’argomento nel periodo precritico. Concepita come scienza empirica che affianca l’antropologia, la geografia fisica descrive e spiega i fenomeni naturali osservabili sulla superficie terrestre, sempre inseriti nel quadro dell’antropizzazione dei territori. A differenza della geografia umana, che studia le interazioni tra gli esseri umani e il loro ambiente, la geografia fisica di Kant si concentrava esclusivamente sugli elementi naturali.

Uno dei contributi più significativi di Kant alla geografia fisica è stato il suo tentativo di conferire alla geografia il suo posto nella conoscenza dell’uomo e del suo ambiente. Egli riteneva che la geografia dovesse essere una disciplina scientifica distinta dalla storia naturale e dalle altre scienze naturali.

Kant suddivideva la geografia fisica in diverse branche, tra cui la geografia matematica, che includeva la cartografia e lo studio delle coordinate geografiche; la geografia politica, che esaminava le divisioni politiche e le loro relazioni con le caratteristiche fisiche del territorio; e la geografia fisica propriamente detta, che analizzava i fenomeni naturali come i vulcani, i terremoti, i fiumi e le montagne.

Inoltre, Kant riconosceva l’importanza dei fattori climatici nella geografia fisica. Egli studiò come il clima influenzasse la distribuzione delle piante e degli animali, nonché il modo in cui gli esseri umani si adattavano ai diversi ambienti climatici. Questa visione integrata e interdisciplinare della geografia fisica rappresentava un approccio innovativo per il suo tempo.


La traduzione italiana

Eckerlin aveva a disposizione due edizioni delle lezioni kantiane sulla Geografia fisica: quella apparsa in quattro volumi e sette tomi (Mainz, Hamburg 1801-1805; seconda edizione ampliata, ivi 1808-1817) curata e allestita da G. Vollmer, e quella di curata da Th. Rink, più concisa (Königsberg 1802, 2 voll.).

In verità Eckerlin aveva a disposizione una terza edizione, realizzata da K. G. Schelle che tiene conto sia del lavoro di Vollmer che di quello di Rink (Leipzig 1802, 2 voll).

Eckerlin non precisa le ragioni che lo spinsero a preferire l’edizione Vollmer limitandosi a segnalare che non valeva la pena tenerne conto.

Nella Prefazione, aderendo al piano di aggiornamento dei programmi educativi avviato nel Regno d’Italia, Eckerlin lascia trasparire che alla base della scelta dell’edizione Vollmer abbia agito la maggiore importanza accordata al contenuto del testo (alla materia) che non all’autore. Si tratta dello stesso argomento che Vollmer ha buon gioco di sollevare contro Rink, quando gli rimprovera di non essere un geografo esperto in grado di valutare e aggiornare l’opera di Kant.

Vollmer considera Kant come geografo, e ne pubblica le lezioni, di cui possedeva tre trascrizioni, con l’esplicito intento di farne un’opera geografica attendibile e aggiornata, trascurando in tal modo consapevolmente l’orizzonte antropologico entro cui si muoveva Kant.

Eckerlin segue Vollmer su questa strada, sebbene non gli sfugga la caratura dell’autore e la fama del filosofo con cui aveva a che fare, come dimostra la cautela con la quale si preclude da sé la possibilità di intervenire sull’«opera di sì grande letterato» (p. X).

Buona parte delle opere geografiche generali diffuse in Italia all’epoca erano di provenienza straniera. Nel 1803, per fare soltanto un esempio, venne avviata la pubblicazione della celebre New geographical, historical, and commercial grammar, opera di William Guthrie (1708-1770) che, per quanto aggiornata al 1801 nella sua ultima edizione, risentiva senz’altro del fatto di risalire a agli anni Sessanta del Settecento. Parallelamente alla traduzione della Geografia fisica di Kant, Eckerlin si trovava di fronte ad altre iniziative simili intraprese a Milano, come la traduzione di Carlo Barbiellini della Nuova geografia universale, antica e moderna che raccoglieva testi di Guthrie, e di altri autori.

L’iniziativa di Eckerlin fece da apripista ad alcuni geografi che si ispirarono a Kant, tra cui si segnala Lorenzo Nesi con la sua Storia fisica della terra compilata sulle traccie della Geografia fisica di Kant (Milano 1816), in un clima oramai del tutto diverso.

Della Geografia fisica esistono due stampe differenti. Al momento di pubblicare il terzo volume (1809), infatti, l’editore rilascia una ristampa dei primi due, che presentano due modifiche rispetto alla prima edizione:

  1. l’eliminazione dell’ultimo capoverso della prefazione di Eckerlin, nel quale si annunciava la pubblicazione di diverse carte geografiche ad illustrazione dell’opera (ma nei successivi volumi questi materiali integrativi non vennero mai pubblicati, e da qui la necessaria eliminazione del brano relativo);
  2. vengono corretti gli errori e i refusi dei primi due volumi.

L’editore Silvestri non fornisce alcuna indicazione utile per differenziare le due stampe generando, così, qualche confusione in chi si avvicina al testo.

L’esemplare utilizzato per la presente edizione digitale, conservato presso la Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli, è quello della seconda ristampa.

Anche della Physische Geographie curata da Johann Jakob Wilhelm Vollmer esistono due edizioni: la prima apparsa tra il 1801 e il 1805 in quattro volumi e sette tomi; la seconda stampata sempre a Mainz e Hamburg dall’editore Gottfried Vollmer, ma senza data e fatta risalire in genere tra il 1815 e il 1816. La traduzione di Eckerlin si basa ovviamene sulla prima edizione Vollmer.

Tuttavia, si può riscontrare un livello di aggiornamento della traduzione superiore rispetto all’originale tedesca. Per esempio a p. 336 del primo volume, Eckerlin inserisce una nota sul mappamondo di fra Mauro rimandando al Mappamondo di fra Mauro descritto ed illustrato da D. Placido Zurla (Venezia 1806). La stessa notizia viene data dall’edizione Vollmer, quasi con le stesse parole, nel primo volume della seconda edizione (p. 269), senza far riferimento direttamente alla stessa fonte. Non si può del tutto escludere che la traduzione italiana sia stata tenuta presente all’atto della preparazione della seconda edizione tedesca.

  • F. Zambelloni, Le origini del kantismo in Italia, Milano, Marzorati 1971, pp. 123-124
  • G. Santinello, Le prime traduzioni italiane dell’opera di Kant, in La tradizione kantiana in Italia, Messina, Edizioni G.B.M., 1986, pp. 295-323 (297-299)
  • F. Farinelli, Experimentum mundi, in I. Kant, Geografia fisica. Riproduzione anastatica dell’edizione Silvestri 1807-1811, Bergamo, Leading Edizioni, 2004, 3 voll., vol. 1, pp. I-XXIX
  • W. Stark, Einleitung, in Kant’s gesammelte Schriften, Bd. XXVI/1, Vorlesungen über Physische Geographie, Erster Teil, Berlin – New York, de Gruyter, 2009, pp. V-LXXX (LXVI, per l’edizione Vollmer; LXXIII, per la traduzione di Eckerlin).